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oLETIZIA LA STREGA
Era il mese di febbraio dell’anno 1508 e Letizia aveva compiuto da poco i 22 anni. Era alta circa un metro e 70, capelli castani ricci e lunghi, occhi verdi e sebbene non bellissima di viso aveva un corpo attraente con bei fianchi e seni seppur non molto grandi. Lavorava come serva nel palazzo dei Falieri, la famiglia più ricca ed importante della città e di tutto il contado circostante; i suoi genitori erano morti quando lei era piccola e, siccome lavoravano presso i Falieri, Letizia rimase a vivere presso di loro e sin da piccola era stata costretta a lavorare duramente. Letizia faceva lavori umili, si occupava della cucina e delle pulizie, dormiva nelle mansarde e mangiava gli avanzi della tavola dei signori.
La vecchia signora Rosilinda, madre dell’attuale capo del casato Fanieri, era morta da poco più di un mese. Un lontano parente del casato aveva scritto una lettera dicendo che la giovane moglie aveva perso il figlio che aveva in grembo e il figliolo primogenito era morto di una misteriosa malattia, entrambi cominciarono a star male dopo che erano stati al palazzo in visita il natale precedente e Letizia gli era stata affidata come serva personale. Inoltre Elvidio, il secondogenito di 24 anni del casato, era tornato a palazzo dopo quasi due anni trascorsi in convento per divenire frate, usanza di tutti i figli cadetti del casato, Letizia era molto attraente ed Elvidio vedendola ogni volta sentiva un irresistibile impulso sessuale, ma ormai lui era un frate e non poteva.
Cominciò a correre voce che Letizia fosse pericolosa, fosse una strega. Il capo del casato Tancredi fece quindi chiamare il giudice inquisitore della città e avvisò anche le competenti autorità ecclesiastiche. Il giudice inquisitore, che messo al corrente dei fatti, decretò che Letizia andava inquisita urgentemente per atti di stregoneria prima che potesse mandare altre malefici sul palazzo e sulla città intera.
IL PROCESSO
Una mattina venne mandata al mercato per le consuete spese al banco delle verdure. Lungo la strada venne bloccata da cinque guardie che senza dir nulla la presero, le ammanettarono i polsi e la condussero alle carceri. Letizia era disperata, non sapeva cosa volessero e perché la trattenessero in cella. La sua cella era umida, fredda, grande pochi metri quadrati e doveva dormire per terra, dove doveva anche urinare e defecare non essendoci bagni e non potendo uscire; in pochi giorno divenne un locale puzzolente ed insalubre. Per alcuni giorni ricevette solo il carceriere che le portava una volta al giorno una brodaglia orrenda da mangiare, acqua e qualche verdura, e una fiaschetta di acqua. Letizia chiedeva insistentemente durante queste veloci visite di cosa era accusata e sino a quando sarebbe dovuta rimanere in carcere, ma non otteneva risposta, il carceriere sapeva che si trovava dinanzi ad una strega e aveva timore che potesse lanciarli il malocchio se lei avesse ascoltato la sua voce.
Dopo una settimana vennero a prenderla e le ammanettarono i polsi, le spogliarono i piedi e le misero delle catene alle caviglie in modo che non potesse fare passi più lunghi di una decina di centimetri o poco più. La portarono alla sala della giustizia posta al primo piano. Qui fu gettata a terra dinanzi allo scanno del giudice. La famiglia dei Falieri con gli altri notabili del paese erano seduti intorno a lei e dietro il popolo, tutti vociferavano che si stava per aprire il processo e che lei era la strega. Letizia si guardava in giro impaurita e temeva sentendo il popolo che diceva che si stava aprendo un processo per stregoneria. Pochi minuti dopo cadde il silenzio quando entrò il giudice, si sedette allo scanno e guardò seriamente Letizia.
“Sei tu Letizia” .
“SI” .
“Questa corte ti accusa di atti di stregoneria”.
A Letizia si gelò il sangue ed urlò:
“Non sono una strega”.
“Questa corte deve decidere cosa è vero e cosa non lo è! Non tu!”.
Quindi lesse le deposizioni dei Falieri.
“Codesta giovane di nome Letizia è al nostro servizio come serva da anni. Ha lanciato il malocchio sul nostro casato, la signora madre Rosilinda è morta, così come i figlioli della moglie del nostro parente, di cui uno ancora non nato. Codesta giovane era al servizio della signora madre e del nostro parente quando venne al palazzo, li ha uccisi con un maleficio. È una strega, ha tentato sessualmente di allontanare Elvidio dalla retta via del monastero.”
“E’ falso”
“Confessi?”
“NO; ve lo giuro sono innocente”
“Si vedrà la tua innocenza” poi rivolto alle guardie “Portatela in cella”
Lungo la strada verso la sua piccola cella chiedeva alle guardie: ” Cosa mi faranno? Vi prego, ditemelo, lo devo sapere.”
“Non ti preoccupare, per te hanno già deciso la condanna e la morte, aspettano solo che ti si faccia confessare”. Letizia scoppiò in pianto.
Fu gettata nella cella e vi rimase per alcuni giorni.
Una mattina venne a prenderla il boia con gli assistenti.
“Cosa volete da me? NO! NO!”.
Letizia conosceva il boia, lo aveva visto alcuni anni prima mentre attuava il suo lavoro ed aveva impiccato un ladruncolo sulla piazza della città, e lo ricordava quando aveva squartato una ragazza accusata di prostituzione; si ricordava le urla della condannata, sino alla fine si proclamò innocente, ricordava che aveva circa la sua età attuale e che per morire ci mise quasi un’ora dal momento in cui gli staccarono a mazzate le gambe. Letizia sapeva che se veniva a lei sarebbe stata torturata per farla confessare, ma lei non poteva confessare perché era innocente, questa era la sua forza.
PRIMA SESSIONE
La presero e la condussero alla sala delle torture; per arrivarci camminarono per lunghi corridoi bui e umidi. Durante il percorso provò a divincolarsi ma le mani forti del boia e dei suoi assistenti la tenevano ferma, anche se sarebbe fuggita non poteva andare da nessuna parte perché era tutto chiuso e subito sarebbe stata ripresa dal boia e dai suoi assistenti. Arrivarono alla stanza. Questa era una stanza fredda, umida e buia, solo le torce davano un minimo di luce, al centro vi erano gli strumenti, ad un angolo lo scanno del giudice. Letizia era letteralmente bloccata dal terrore.
Il giudice ancora non era arrivato. A Letizia vennero strappate le vesti, il suo corpo nudo era penetrato dall’umidità della stanza. Per pudore cercava di coprirsi le parti intime ma il boia e gli assistenti le afferrarono le braccia in modo che fosse scoperta e cominciarono a tastarle i seni, il deretano e la vagina, Letizia ripeteva di essere innocente mentre sentiva le loro mani grosse e callose che accarezzavano vogliose il suo corpo dolce e sensuale. Poi il boia prese una lametta e la depilò completamente, anche della peluria vaginale, i lunghi capelli le furono tagliati in modo che non fossero più lunghi di cinque o sei centimetri. Fu mandato un assistente dal giudice ad avvisarlo quando tutto fu pronto.
Dopo pochi minuti entrò il giudice con Tancredi ed Elvidio, la guardarono. Poi il giudice salì sullo scanno e disse:
“Letizia, questa corte deve verificare se sei veramente una strega o meno.”
“E’ sicuramente falso, sono innocente.”
“Zitta! Puttana di satana!”
Letizia non rispose a queste offese.
“Ti si accusa di stregoneria, è vero?”
“NO”
Urlò Letizia spaventata mentre gli occhi dei due Falieri erano rivolti a lei e osservavano con attenzione il suo corpo nudo.
“Letizia, confessa che sei una strega e ti rimanderemo in cella senza farti nulla.”
“Vi prego, non posso confessare di essere ciò che non sono. Lasciatemi andare ci sarà stato sicuramente un errore..”
“Devo dirti che se non confessi saremo costretti a ricorrere alla tortura per sapere se sei una strega”
“NO! Vi prego la tortura no! Non sono una strega questa è la verità!”
“Allora confessi?”
“Come posso confessare cose che non ho fatto?”
“Torturatela. Voglio che confessi!”
“NO! Vi prego la tortura no!” urlava Letizia mentre a mani giunte si buttava ai piedi del giudice e dei Falieri.
Gli assistenti del boia la presero, la sollevarono e la trascinarono in un angolo. La buttarono al suolo e le chiusero i piedi in dei ceppi, i piedi erano esposti alla tortura a partire da tre o quattro centimetri sopra la caviglia, Letizia li poteva muovere in entrambe le direzioni di circa dieci centimetri. Le mani furono incatenate dietro la colonna cui era poggiata la schiena, per il resto era libera di muoversi. Continuava a proclamarsi innocente. Il giudice le si accostò e chiese:
“Allora confessi?”
“NO!!!”.
Il boia cominciò a spalmare sulle piante dei piedi di Letizia del grasso infiammabile.
“Allora? Immagino che non vuoi soffrire?”
Letizia era piena di panico, scosse la testa in senso negativo.
“Quindi dimmi la verità!”
“C’è un errore, io non sono una strega”
“Letizia” le disse il giudice mentre le accarezzava il volto “mi dispiace vederti soffrire, ma devo sapere la verità!”
Il boia prese una torcia e l’accostò al piede destro nudo della strega, la fiamma lo avvolse.
“AARGHHAAA”
Letizia si contorse tutta, il viso si digrignò, un fremito le percorse le gambe cercando di alzare i piedi ma i ceppi lo impedivano, entrambi i piedi involontariamente si contorsero e si agitarono per quanto potessero dai ceppi, le dita si agitarono convulsamente. Piangeva senza nemmeno accorgersene, era diventata rossa integralmente. Non aveva mai pensato che un giorno sarebbe stata sottoposta a delle torture e con l’infamante accusa di stregoneria.
Dopo pochi minuti riprese:
“Sono innocente c’è sicuramente un errore, non sono una strega, questa è la verità!!”
“Bugiarda, questa non è la verità, la verità è che tu hai ucciso con un maleficio i nipoti dei Tancredi e sulla loro casa hai lanciato il malocchio”
“Vi sbagliate, è tutto falso”
Il boia pose la fiaccola sul piede sinistro di Letizia che per sentirsi più forte e resistere alle torture, già ora insopportabili, si mordeva le labbra per non urlare. Il giudice le sussurrò in un orecchio:
“Piccola prostituta di satana, capisci il linguaggio del boia o no? Capisci che oggi è in vena artistica, quindi confessa”
“Mai, non posso confessare.”
I piedi erano entrambi rossi per le ustioni, i polsi incatenati dietro la colonna le dolevano, in quanto li agitava convulsamente ma le catene non lo permettevano.
Nuovamente il giudice inquisitore pose la sua domanda. Letizia stavolta rispose:
“Vi prego sono innocente, se mi bruciate i piedi come farò a camminare?”.
Tra le risate generali Tancredi le rispose “Che domande, bruceremo anche il resto!!”.
Il boia disse “Non ci credi? Guarda” e le poggiò la fiaccola nuovamente sul piede destro.
“AARGHHAAA”.
Letizia sobbalzò tutta, si spinse dinanzi facendo perno sul deretano. La tortura stava dando i suoi effetti di dolore che scatena il panico nella condannata sino a farla confessare. In effetti i piedi erano molto rossi e la pelle già si apriva in più punti per le fiamme, decisero di far riposare la sventurata e di riprendere l’indomani la tortura, altrimenti farla confessare in un solo giorno non sarebbe stato divertente e poi il Mallus Maleficarum parlava chiaro, si potevano attuare tutte le sedute di tortura che si voleva per far emergere da una strega la verità, anzi affermava anche che si poteva torturarla anche dopo la confessione per avere altre informazioni utili.
IN ATTESA
Vennero liberati i polsi e le caviglie. Siccome i piedi erano ustionati due guardie l’afferrarono sotto le ascelle e la condussero alla sua piccola e sudicia cella; qui le misero un collare intorno al collo e la incatenarono alla parete. Ricevette da mangiare una brodaglia di qualità migliore, in quanto doveva sopportare anche la sessione dell’indomani. La nottata fu terribile, Letizia non riuscì a dormire, aveva puro terrore della tortura e il dolore delle ustioni era lancinante. Aveva deciso che non avrebbe confessato, se avesse insistito a proclamarsi innocente avrebbero capito che era innocente veramente e la avrebbero rilasciata, tanto la prima sessione era passata e aveva resistito. Si, sarebbe stata liberata, in tal caso non sarebbe tornata a lavorare dai Falieri che l’avevano denunciata, ma avrebbe anche penato a trovare un nuovo lavoro per via sia della difficoltà delle ferite riportate che le avrebbero impedito di lavorare; inoltre per la fama di strega che ormai sfortunatamente aveva avrebbe dovuto cambiare città.
Poi gli venne in mente una domanda: e se invece confessasse? Sapeva che le streghe di solito sono condannate al rogo, il dolore era già troppo adesso per le ustioni figurarsi sul rogo! Avrebbe fatto di tutto per farsi condonare la condanna al carcere a vita o all’impiccagione.
SECONDA SESSIONE
L’indomani entrarono di buon ora gli assistenti del boia e le tolsero il collare dal collo, senza dirle nulla la trascinarono di peso alla sala delle torture e la lasciarono a terra in mezzo alla sala.
“Dove eravamo rimasti ieri?” Chiese l’inquisitore.
Rispose il boia:
“L’inquisita si rifiuta di parlare, si proclama innocente”.
Il giudice severamente rivolto a Letizia disse:
“Allora ti rifiuti di confessare?”
“Io non confesserò mai di essere una strega per il fatto che non lo sono”
“Se lo sei o non lo sei lo decideremo noi. Ed ora torniamo a noi: hai mai partecipato al sabba? Al ballo delle streghe? Come strega hai mai praticato sesso con il Maligno?”
Le accuse divenivano peggiori, Letizia non aveva fatto sesso con il Maligno, aveva le prove essendo ancora vergine come poteva esserlo se la si accusava di ciò?
“No, tutto quello di cui mi accusate è falso, io sono innocente!”
“Sei ostinata, dovremmo nuovamente torturarti. Signor boia portate questa inquisita al supplizio della corda!”
Una corda cadeva dal soffitto correlata ad una carrucola, la stessa corda era poi controllata a terra con un argano girevole. Le braccia di Letizia furono legate dietro la schiena ei polsi furono legati alla corda, quindi una catena le fu passata intorno alle caviglie, i polsi si toccavano, le caviglie erano a contatto. Letizia non aveva mai visto torturare qualcuno e ogni attimo era una nuova terribile novità.
“Cosa è questa corda? Cosa mi fate? Sono innocente!” andava ripetendo per tutta l’operazione.
Il boia, mentre gli assistenti la preparavano, le disse:
“Ora ti solleveremo sino al soffitto e ti lasceremo cadere…”
“Ma è doloroso?” chiese Letizia con un’angoscia nel cuore.
“Prova”.
“NO! Ho paura”, ma già l’avevano alzata facendo girare l’argano.
La sollevarono di molto dal pavimento. Le braccia seguendo la corda si alzarono sino a che le mani toccarono il soffitto, quindi la fecero cadere, in un attimo arrivò a terra, le spalle le dolevano perché tutto il peso del corpo gravava su queste; inoltre durante la brusca discesa le spalle erano costrette a muoversi dietro la schiena verso l’alto in modo contrario al loro movimento naturale.
La fecero rialzare. Il giudice tornò alla carica:
“Allora sei o non sei una strega?”
“NO!”.
“E’ vero che hai lanciato il malocchio sul casato dei Falieri? È vero che odi i tuoi padroni sino al punto di usare la tua magia nera per ucciderli?”
Letizia piangeva, erano anni che lei viveva grazie ai Falieri, per lei erano la sua famiglia, vi era affezionata.
“E’ tutto falso”
La alzarono da terra in modo che i piedi fossero a mezzo metro dal pavimento e attaccarono dei pesi da 10Kg alla catena che univa le caviglie, Letizia sentì il peso tirargli il corpo verso il basso e per un attimo le mancò il respiro.
“Con che unguento hai ucciso la vecchia signora?”
“Sono innocente, con nessun unguento”.
La alzarono sino al soffitto, durante tale operazione piegò la testa verso il braccio destro e sussurrò alcune preghiere. Arrivata il cima sentì tutto il peso tirarla in basso, con tutta la forza che aveva nelle braccia si irrigidì aspettando la caduta.
“Letizia è vero che hai lanciato il malocchio sul palazzo dei Falieri?”
“NO! Sono innocenAAGHRRAAAAA”. Letizia si ritrovò buttata a terra in una pozza di urina che le fuoriusciva dalla vagina, spesso con la tortura si perde la capacità di regolare il proprio corpo.
Tancredi scoppiò a ridere “Si è pisciata sotto”.
Le spalle erano gonfie e rosse, fu fatta alzare e il giudice chiese:
“Hai fatto sesso con satana? Hai partecipato al sabba?”
Letizia tra lente lacrime che le scendevano sul viso disse:
“No, ve lo giuro sono innocente, ma vi prego basta. Se continuate così mi ammazzerete”.
La testa le scoppiava, a malapena respirava, sentiva il suo cuore andare in tachicardia. Sapeva che doveva resistere, doveva dimostrare che era innocente e l’unico modo per farlo era non confessare.
Fu alzata a mezz’aria e le vennero aggiunti altri 15Kg. Quando sentì il peso aumentare scoppiò in lacrime e tra queste diceva: “Pietà, vi prego, non ne posso più di queste torture”.
“Allora, sei o non sei una strega?”
“NO! Non torturatemi più! Fa malissimo!!!”
“Vuoi mettere fine alle torture”
Letizia non rispose ma la testa ondeggiò in modo affermativo, era il suo unico desiderio che ora aveva, insieme a essere rilasciata come innocente.
Il giudice le urlò “CONFESSA”
“Mai” rispose con un filo di voce.
Venne tirata su fino al soffitto, non oppose resistenza stavolta irrigidendo le braccia. Dopo pochissimi secondi venne fatta ricadere a terra. “AAARGGGHHHAAAAAAA”.
Cadendo vomitò su se stessa e ricadde nel suo rigurgito. Le spalle, si vedeva chiaramente da come erano gonfie e rosse, erano entrambe lussate, le scapole erano fuoriuscite dal loro normale posto. Letizia era buttata a terra impossibilitata a muoversi per i pesi ai piedi e le spalle lussate, il volto era immerso nel suo rigurgito e intorno alla vagina vi era la sua urina che si stava lentamente asciugando; respirava affannosamente a bocca aperta. La lasciarono riposare per più di mezz’ora. Era percorsa da brividi di freddo, chiese con un filo di voce dell’acqua. Acqua però non ne avevano, il boia prese una tazza da uno scaffale al muro, estrasse il pene e vi pisciò, poi lo passarono agli altri che fecero altrettanto; in ultimo con delicatezza il boia lo poggiò alle labbra di Letizia che bevve, sentiva che quell’acqua non era tale ma la sete era troppa e bevve con ingordigia.
Finita la pausa fu nuovamente alzata, non era riuscita a pensare ad altro che alla tortura e al dolore per tutto il tempo.
“Ritorniamo a noi, ti si accusa di stregoneria. È vero?”
“NO!!”
“E ne sei sicura?”
“SI”.
“Alzatela con altro pesi”
“NO! Altri pesi no per favore!”.
I pesi furono prontamente aggiunti, ora alle sue caviglie seghettate dalla catena pendevano 40Kg. Ora era sospesa a mezz’aria tra il suolo e il soffitto, sentiva tutto il corpo tirato verso il basso dai pesi.
“Ti faccio alzare se non confessi”.
Letizia sentiva brividi forti su tutto il corpo teso dalle corde e dai pesi, capiva che doveva avere una febbre molto elevata; la sua mente era talmente confusa che non rispose. Fu alzata e nuovamente lasciata cadere. Cadde a terra svenuta. Era esausta, si capiva che stava per cedere e si capiva anche che non sarebbe resistita a lungo. Era il momento idoneo per farla confessare, ma un'altra alzata, anche con pochi pesi, sarebbe stata rovinosa ed eccessiva, le braccia si sarebbero potute amputare per il peso eccessivo e sarebbe morta entro poche ore per le ferite anche se subito avessero tamponato le ferite con dei ferri roventi. Decisero di sospendere la tortura, con una secchiata di acqua gelida venne svegliata.
La alzarono, le piante dei piedi toccarono il suolo e Letizia sentì penetrarvi il freddo; appena le slegarono i polsi, dovendo reggersi ora sulle sue gambe, cadde a terra come un peso morto. Decisero di concederle un po’ di riposo e quindi di riprendere la stessa seduta alcune ore dopo. Senza che nessuno le disse nulla venne trascinata come un peso morto nella cella, qui le incatenarono il collo al muro con la catena come la notte precedente, quindi la lasciarono a se stessa. Nel pomeriggio, dopo che il giudice, i Falieri, il boia e gli assistenti ebbero mangiato vennero nuovamente a prelevarla. La trascinarono ai ceppi del giorno prima, la legarono, e nelle ferite aperte per le ustioni le inserirono dello zucchero in modo che entrambi i piedi fossero infetti, quindi portarono un barattolo pieno con delle formiche e le deposero aperto dinanzi ai piedi di Letizia. Per evitare che urlasse le chiusero la bocca con un boccaglio, uno strumento che, legato dietro la nuca, bloccava il moto delle mascelle tramite una grossa pallina di legno incastrata tra i denti.
Il giudice inquisitore disse:
“Letizia questa corte deve appurare la verità, perciò ti lasciamo un’ora per riflettere e poi torneremo, allora se vorrai confessare sarai libera di farlo”.
Quindi le misero davanti una clessidra e per mettergli terrore anche la sedia ustionante appuntita dicendogli che se non avesse confessato la si sarebbe legata alla sedia e torturata con ferri roventi. Letizia mugugnava qualcosa come “No! No!”; già era vinta dal terrore di sentire le formiche che le camminavano dentro le sue carni. Prima di uscire dalla stanza i Falieri sputarono su Letizia e il più giovane vi pisciò in faccia, l’urina si scese velocemente sul suo viso ed in breve cominciò a cadere a terra.
Rimase un’ora in completa solitudine a pensare, ma per la febbre sempre più alta e per il dolore delle spalle lussate, dei piedi ustionati ed infetti a malapena riuscì a pensare. Dopo pochi minuti che rimase sola le prime formiche cominciarono a camminare sulla pianta dei suoi piedi, sentiva il solletico; poi cominciarono ad entrare nelle ferite e a muoversi dentro le sua carni. In breve una lunga linea nera di formiche congiungeva il barattolo ai piedi della strega, le sentiva dentro di sé ed era completamente schifata, nei primi minuti del banchetto delle formiche urlò e agitava i piedi di quei pochi centimetri che i ceppi le concedevano, si ripiegava su sé stessa sentendole camminare dentro le sue carni, sentiva dal malessere come se tutte le sue viscere fossero mangiate da quegli insetti e fossero per scoppiare. La vista della sedia le provocava terrore, aveva paura e sapeva che se non avrebbe confessato subito lo avrebbe fatto seduta su quella sedia con sofferenza maggiore, soprattutto il tempo non passava mai con quella clessidra, le gambe immobilizzate ormai erano un susseguirsi di crampi fortissimi. Ormai aveva deciso, smise di pensare e si arrese completamente al volere dei suoi aguzzini, aveva deciso che era una strega e che aveva fatto tutto ciò per cui il giudice la accusava.
Al tempo stabilito entrarono, le tolsero dalla bocca il boccaglio, la bava le fuoriuscì copiosa. Il giudice chiese:
“Allora?”
“Confesso” disse Letizia tra lacrime che le rigavano il viso “sono una strega, ho ucciso la signora e i figli del parente, ho messo il malocchio sul palazzo e su quanti vi abitano, ho partecipato al sabba molte volte, ho praticato sesso con satana. Ma vi scongiuro non torturatemi più” e ripeteva questa frase all’infinito.
Le sue parole furono messe agli atti mentre gli assistenti del boia tolsero il barattolo delle formiche e incominciarono ad aprire le ustioni per passare delle erbe ed uccidere le formiche che vi si muovevano.
Il giudice volle controllare se effettivamente aveva fatto sesso con satana e pertanto il boia verificò personalmente che era vergine; questo era un fatto normale all’epoca, molte ragazze rimanevano vergini fino alla prima notte di nozze. Allora il giudice le chiese:
“Come hai fatto sesso con Satana?”.
“Al Sabba”.
“Come e quante volte?”.
“Lui mi sceglieva tra tante perché diceva che ero la sua prediletta, mi portava sul colle più alto del contado e lì mi concedevo a lui”.
Letizia si fermò, non capiva come le parole le uscissero dalla bocca e come riuscisse a trovarle dentro di sé, voleva almeno dire delle cose che non mettessero la sua posizione in peggio di quello che già era ma non ci riusciva.
“Allora, quante volte lo hai fatto? E ti ricordo che se non parli e le cose che mi dici non sono sufficienti per incolparti c’è la sedia che ti attende”.
“Cento volte, ogni volta che partecipavo al Sabba lo facevo con lui”.
“Come avveniva?”
“Già ho detto, lui mi sceglieva e mi portava con lui”.
Piangeva lentamente.
“Poi? Cosa facevate quando ti portava via?”
“Lui mi sdraiava a terra, poi il suo pene grande entrava in me, mentre la sua lingua biforcuta leccava i miei seni e le mie labbra”.
“Quanto durava? Dove lo metteva il pene?”
“Durava sino all’alba, per ore.”
“Dove lo metteva il pene? Nella vagina, in bocca, nel culo?”
“Ovunque, a volte prendevo il suo sperma e lo portavo nella mia stanza e lo mangiavo aspettando il Sabba successivo, a volte mi chiese di fare sesso con altri diavoli”
Le sue parole intanto erano tutte messe agli atti.
“C’erano diavoli donne con cui hai fatto sesso?”
“Si”
“Ti è piaciuto?”
“Si”
Letizia ormai era in preda ad allucinazioni, sentiva il suo cuore battere violentemente, sentiva il suo corpo martoriato dalle torture urlare di dolore, rispondeva alle domande poste dall’inquisitore in modo da accontentarlo, in modo da evitare un’altra sessione di tortura.
Le sue parole intanto erano tutte messe agli atti.
“Bene, vedo che ora cominci a ricordare. Dove praticavi il Sabba, come ci andavi?”
“Era tutti i sabati notte, ci andavo volando dalla finestra della soffitta del palazzo”
“Chi ti ci ha portato la prima volta?”
“Sono andata da sola”.
“Sicura?”
“Si, sono andata da sola perché sin da quando sono nata ho capito che Satana era il mio signore e padrone”.
Letizia sapeva che se non avrebbe detto così sicuramente le avrebbero chiesto i nomi di chi c’è l’aveva condotta la prima volta, sarebbe stata quindi torturata di nuovo sino a che avesse detto tutti i nomi, e sicuramente tutte le persone che avrebbe nominato sarebbero state anch’esse accusate di stregoneria.
“E quanti anni avevi la prima volta?”
“Dodici anni”:
“Perché sei vergine?”.
“Mi ha fatto dei doni”.
“Che doni? Perché sei vergine?”.
“Mi ha dato la verginità dopo il sesso, così nessuno avrebbe sospettato di nulla”, e intanto piangeva.
“Bene, perché hai portato il malocchio sul palazzo dei Falieri, perché hai ucciso?”.
“Me lo ha chiesto lui così mi ha potuto dare la verginità! Vi prego non ne posso più…”.
In effetti Letizia aveva la testa che le scoppiava ed il dolore delle spalle lussate era enorme, a malapena riusciva a capire cosa il giudice le chiedeva.
“Non ti preoccupare, strega! Ci basta”.
Venne slegata, le spalle a pugni furono riportate in asse e i piedi furono disinfettati con erbe e fasciati. Quindi venne ricondotta di peso alla cella.
LA SENTENZA
Nella cella passò giorni buttata a terra, consumata dalla febbre e dall’umido, sempre incatenata al muro tramite il collare. In quel periodo mangiò pochissimo. Dopo una decina di giorni vennero gli assistenti del boia, le fasciature le furono tolte e i piedi stavano molto meglio, non erano più rossi ed ormai le bolle si erano ritirate. Venne ammanettata mani e caviglie fu ricondotta alla sala di giustizia. Lungo il percorso il boia le disse:
“Ora ti condannano, ti chiederanno se confermi la dichiarazione che ci hai reso durante gli interrogatori, se non lo farai ricorda che la sedia ti attende, ricominceremo da capo con le torture sino a che non confesserai di nuovo”.
Poi uno degli assistenti intervenne:
“Mi raccomando devi dare la massima riverenza al giudice, è come se ti stesse facendo una grazia, in fin dei conti stiamo salvando la tua anima dal maligno.”
Arrivati nella sala della giustizia la fecero inginocchiare dinanzi a tutti al centro della sala. Era ancora nuda, per pudore cercava di coprirsi per quel poco che le catene consentivano, i potenti del paese si limitavano a guardarla, mentre il popolo dietro urlava “Strega sei proprio bona” e cose simili. Essere visti così nudi in pubblico era il massimo del disonore e Letizia ne soffriva.
Pochi minuti dopo entrò il giudice e cadde il silenzio, Letizia fu fatta alzare, tutti erano fissi su di lei. Il giudice si sistemò sullo scanno.
“Sei tu Letizia, accusata di stregoneria?”.
“Si vostra eminenza”.
“Letizia questa corte si è riunita per verificare la tua colpevolezza di stregoneria”.
Quindi passò la parola al notaio che aveva scritto tutte le dichiarazioni durante gli interrogatori.
“La suddetta Letizia afferma di aver partecipato cento volte al Sabba, in ognuna di queste occasioni ha fatto sesso con il Maligno in quanto da lui prediletta, il Maligno le ha inserito il suo pene nella vagina, in bocca e nel deretano; l’accusata ha inoltre preso lo sperma del maligno per mangiarlo in attesa del successivo Sabba. Afferma di essersi recata al Sabba di sabato notte volando, di aver partecipato da sola al primo Sabba a dodici anni in quanto sin da piccola ha capito di adorare il Maligno. Il Maligno le ha chiesto di portare il malocchio sul palazzo dei Falieri e di uccidere i figli del parente e la signora madre Rosilinda usando arti nere per ricevere in cambio la verginità in modo che nessuno potesse sospettare che fosse una strega”.
Il giudice inquisitore chiese:
“E’ vero tutto ciò?”.
Pensava alla sedia :
“SI! Vostra eminenza”.
Il popolo come impazzito urlò:
“A morte la strega, al rogo! Al rogo!”.
Quando cadde il silenzio in giudice chiese:
“Hai qualcosa da chiedere a tua discolpa?”.
“No vostra eminenza”.
“Prima che decidiamo la condanna hai qualcosa da chiedere a questa corte?”
Letizia in atteggiamento di preghiera disse:
“Vi prego vostra eminenza, siate magnanimi con me, ho peccato ma vi scongiuro abbiate pietà di me.”.
Il giudice si alzò in piedi:
“Questa corte condanna te Letizia per atti di stregoneria alla pena capitale. Che nel giorno di festa di tale contrada sia portata ignuda sulla pubblica piazza, ivi le siano straziati i seni per aver praticato sesso con Satana e quindi sia arsa viva.”
“NO! Vi prego pietà, pietà”
Urlava Letizia buttandosi a terra e unendo le mani in segno di preghiera verso i Falieri e verso il giudice. Il popolo dietro di lei diceva che la strega meritava la sua morte e gioiva che un tale pericolo era scampato.
Venne presa e ricondotta in cella, durante il percorso chiedeva alle guardie.
“Come posso scappare dal rogo! Aiuto!”
Le risposero:
“Non ti preoccupare, considerati già bruciata”
E ridevano mentre Letizia cadeva sempre più nel terrore.
PREPARAZIONE
Per evitare che in carcere si fracassasse la testa contro il muro per evitare il rogo le incatenarono i polsi al soffitto e le caviglie al pavimento in modo che non potesse muoversi, né dormire per più di pochi minuti consecutivamente.
Dopo pochi giorni dalla pronuncia della sentenza venne nella sua cella il frate confessore, era alto e con una barba lunga che sembrava proprio un santo. Si mise dinanzi a Letizia, i suoi occhi per alcuni istanti si posarono sul suo volto e sul suo corpo nudo.
“Confessa i tuoi peccati”.
“Vi prego, almeno voi mi dovete aiutare, io non sono una strega, ho confessato solo perché mi avrebbero ammazzato con quelle torture.”
“Lo sai che c’è un comandamento che dice di non dire falsità?”
“Ma vi giuro, questa è la verità!”
“Sono qui per assistere una strega prima dell’esecuzione, non per sentirti dire stupidate riguardo ad una ipotetica tua innocenza! Se vuoi almeno ridurre le tue pene all’inferno, visto che non potrai andare in nessun altro posto, devi confessare il tuo concubinato con Satana!”
Letizia piangeva, aveva sempre avuto fede, tutte le domeniche aveva partecipato alle funzioni, alle processioni, ai digiuni in tempo di quaresima. Sapeva che stava sbagliano a confessarsi dinanzi al frate, che sbagliava a proclamarsi strega e concubina di Satana, ma non voleva affrontare le fiamme senza confessione, anche a costo di mentire.
“Sono una strega, ho fatto sesso con Satana in persona, ho ucciso delle persone e portato il malocchio”:
“Finalmente capisci che devi dire tutti i tuoi peccati.”
“Vi prego assolvetemi”.
“Non posso, strega, una come te non è degna del conforto Divino, se lo vuoi chiama il tuo Satana. Io non posso perdonarti”.
Uscì dalla stanza. Letizia piangeva e singhiozzava, ora, anche se innocente sarebbe andata all’inferno sicuramente perché non confessata in punto di morte.
Ricevette nei giorni successivi solo la visita del carceriere con un paio di guardie che gli portava da mangiare, quelle due volte da pochi minuti l’una erano le uniche volte in tutta la giornata che le sciogliessero le catene dei polsi per mangiare, era costretta a mangiare il piedi; tutti i suoi bisogni corporali li faceva in piedi e in breve le mosche si posavano sul suo corpo che era divenuto un deposito di feci sul deretano gambe e di urina intorno alla vagina.
Ormai era condannata rea confessa e come tale rivolgere un qualsiasi peccato contro di lei non era considerato tale, se poi tale peccato serviva a disonorare la strega era ancora meglio. Dopo sei giorni dalla sentenza Elvidio, il giudice ed il boia entrarono nella cella, Letizia lo sapeva che quella era la sua ultima sera prima del rogo, erano venuti a dirglielo poco prima, soprattutto serviva al boia di sapere quanto fosse alta la strega per preparare il palo, inoltre era stata pulita dalle guardie mentre era ancora incatenata, gli buttarono un paio di secchiate d’acqua gelida addosso e la strofinarono velocemente con delle spugne. Venne slegata e condotta alla stanza delle tortura, per farla entrare dovettero trascinarla di peso perché non vi voleva entrare. I tre si spogliarono mentre Letizia sussurrava piano “No, no” buttata in un angolo capendo cosa stavano per farle.
Quindi il boia e Tancredi la alzarono di peso e la trascinarono dinanzi alla sedia.
“Ora scegli o la sedia o concediti a noi”.
“Pietà, vi prego, non potete farmi scegliere tra queste due cose”.
Piangeva.
“Puttana! Hai fatto sesso con il maligno e non vuoi con noi!”
Il boia si avvicinò alla sedia e cominciò a prepararla scaldando i carboni con cui arroventare i ferri da tortura.
Letizia tra i due mali scelse il minore, cioè quello che comportava minor dolore fisico. Si buttò a terra sulle ginocchia.
“Farò tutto quello che mi chiedete ma altra tortura non la posso sopportare”:
Il giudice le si fece dinanzi con il pene fuori dalle vesti.
Senza nemmeno pensare Letizia lo afferrò con entrambe le mani e lo masturbò. Lo sperma cominciò a cadere sulle sue mani dedicate.
Quindi il giudice ordinò:
“Lecca”
Letizia si avvicinò e lo leccò lateralmente schifata, leccare quell’organo ad un vecchio quale il giudice le inorridiva. Il giudice le fece capire che voleva di più e così Letizia trattenendo il fiato se lo infilò in bocca ingerendo lo sperma che ne fuoriusciva. Letizia aveva pensato che un giorno avrebbe fatto sesso con un suo futuro amore, ma ora in preda al terrore della sedia e nell’imminenza della sua morte si concedeva per evitare altro dolore. Passò quindi al farsi leccare i seni dal giudice, la sua lingua da vecchio la disgustava mentre la leccava. Poi questi la spinse su un tavolaccio, e inserì il suo pene nell’ano di Letizia, lei cercava di aggrapparsi con le mani ai bordi della tavola, con la fronte faceva forza sul tavolo e la schiena era arcuata. Dopo pochi minuti venne girata, dovette subire una violenta penetrazione vaginale, in un primo momento provò ad alzare le gambe come se cercasse ancora di difendersi ma poi si arrese completamente. La sua mente durante tutto il tempo era come offuscata, nemmeno lei avrebbe potuto dire a cosa stava pensando. Era durato tutto per una ventina di minuti ma si sentiva sporca e si faceva schifo per quello che stava facendo, perdere la sua dignità di donna e la sua virginità per evitare la tortura.
Toccò quindi al boia che fece lo stesso del giudice, con lui Letizia si concesse senza molte storie. Poi i due, sapendo l’attrazione che Elvidio provava per la strega li lasciarono soli. Elvidio fu il più violento perché sperava che in tal modo l’attrazione verso il genere femminile sarebbe scomparsa dalla sua vita. Ogni orifizio del corpo di Letizia venne utilizzato, mentre lei era sempre più esausta e disgustata del suo comportamento, la bocca, l’ano, la vagina, furono penetrati più volte; Elvidio le chiese anche di farle una masturbazione tenendo il suo pene tra i seni, un’altra tenendolo tra i piedi. Era esausta chiedeva di smettere ma Elvidio ci aveva preso gusto, tanto fare sesso con una strega sicuramente non è peccato; si fece pulire il pene da Letizia con la lingua e dovette asciugarlo con i capelli. In ultimo Elvidio mise il pene in bocca a Letizia come aveva già fatto altre volte ma stavolta vi urinò. Letizia non disse nulla per paura della sedia ma era schifata dal sentire quel liquido caldo e dal sapore insipido che le penetrava velocemente in gola.
Fu ricondotta in cella ove fu nuovamente incatenata.
L’ESECUZIONE
“Ave Maria, piena di grazia il Signore è con te..”
Pregava, non sapeva che ora fosse, ma già un tiepido sole entrava dalla minuscola finestra della sua cella quando la porta si aprì, gli assistenti del boia vennero a prenderla, la portarono fuori nel cortile del palazzo attraverso stretti e bui corridoi. La luce le diede fastidio per qualche secondo, erano settimane che era entrata nelle carceri. Allora era una ragazza come tante, ora era una strega da ardere al rogo.
Appena arrivò all’aperto cominciò a gridare:
“Pietà, vi scongiuro il rogo no, vi prego! Abbiate pietà di me!”.
Non sapeva nemmeno lei perché lo gridasse, visto che ormai si considerava già morta, ma le veniva istintivo, sperava che in qualche modo si sarebbe ancora potuta salvare. La fecero salire su di un carro scoperto. Era in piedi, le misero delle catene che le tenevano i polsi incatenati ai bordi del carro in modo che non potesse scappare. Per il resto era libera di muoversi poiché non le misero altre catene. Era nuda integralmente e non si poteva coprire in alcun modo.
Il carro si mosse scortato dai soldati. Uscirono dal cortile del palazzo ed il carro cominciò a muoversi per le principali strade del paese; la folla la guardava, le sue coetanee le gridavano:
“Ben ti sta a fare sesso con Satana invece di aspettare a prendere marito”.
I ragazzi commentavano il suo corpo così carino e sensuale, i vecchi la vedevano e ringraziavano il buon Dio di aver dato la possibilità di uccidere un essere indemoniato prima della loro morte. In ultimo, la cosa che forse dava più fastidio a Letizia erano le madri con i bimbi piccoli che li portavano a vedere la strega, come era fatta e come doveva essere trattata. Essendo un giorno di festa poi in paese vi erano molti forestieri arrivati per i festeggiamenti e lei era parte dei festeggiamenti in onore del patrono, era parte degli spettacoli, così come i balli, le musiche, le rappresentazioni teatrali della vita del santo. Ormai sapeva che tutto stava per finire, non provava più pudore per la sua nudità, si preoccupava solo delle fiamme; nonostante fosse una mattinata fredda sentiva molto caldo e i denti per la paura sbattevano da soli, se fossero stati tutti zitti lo avrebbero potuto sentire.
Il carro fece l’intero giro della città, poi passò nella porta orientale e andò verso una collina poco fuori la città. Letizia, che per tutto il tempo era stata zitta assorta in chissà quali pensieri cominciò a gridare:
“NO! Vi prego vi scongiuro, per pietà NO!”.
I suoi occhi terrorizzati guardavano un palo alto circa 2.5 metri che si ergeva sulla collina alla cui base una piattaforma era interamente piena di legname.
La folla si preparava intorno al palo per vedere lo spettacolo, i bambini erano in prima fila, Letizia non li voleva perché sapeva che ora avrebbe dato loro uno spettacolo osceno che avrebbero portato per sempre nei loro incubi.
Il carro arrivò a pochi metri dal luogo dell’esecuzione e si fermò.
“NO! Vi prego!”
Fu slegata, di peso la posarono a terra.
“Pietà”.
Provò a scappare ma subito l’afferrarono le mani forti degli assistenti e cominciarono a trascinarla verso in rogo. Letizia puntava i piedi a terra disperatamente nel vano tentativo di resistere.
“Vi scongiuro in nome di Dio”.
Sempre di peso la alzarono sulla piattaforma, piangeva e si dimenava. Mentre due assistenti del boia la tenevano ferma altri due le incatenarono i polsi dietro il palo, poi passarono una catena intorno al collo per due giri, un’altra fu legata alle caviglie in modo che solo la punta dei piedi potesse toccare la piattaforma. Il legname era stato scelto in modo che bruciasse facendo poca fiamma e poco fumo in modo da prolungare l’agonia al massimo della sopportazione di quel corpo da ardere ed in modo che tutti potessero vedere lo spettacolo senza fumo che nascondesse loro la strega.
Il boia ottenne il silenzio e cominciò lo straziamento dei piccoli ma dolci seni di Letizia. Da un braciere lì accanto prese delle tenaglie arroventate, le portò al seno sinistro di Letizia che fissava disperatamente il suo seno e il boia, il suo petto si alzava violentemente seguendo un altrettanto violento respiro. Il boia posizionò lo strumento.
“AAAAARGHHAAAAAAAAA”.
Sollevò il viso, digrigno tutta la faccia, si contorse ma le catene le impedivano un movimento maggiore di uno o al massimo due centimetri. Il boia si rivolse al pubblico stringendo tra le tenaglie un pezzo del seno di Letizia, il popolo urlava entusiasta dello spettacolo e contento perché la strega aveva quel che meritava. Grandi lacrime cadevano sul viso di Letizia mentre il sangue sgorgava lentamente dal seno mutilato. Nuovamente silenzio, nuovamente un grido, nuovamente il volgo in festa, anche il seno destro fu mutilato. Il popolo riprese a discorrere festoso mentre Letizia chiedeva pietà.
Pochi minuti dopo cadde il silenzio, vennero nella piazza i Falieri e il giudice inquisitore. Costui si fece dinanzi:
“Letizia sei tu una strega?”
“Vi prego non mi ammazzate”
“Sei una strega?”
Letizia aveva paura che sarebbe stata di nuovo torturata, con il capo lentamente fece senno di si.
“Hai qualcosa da chiedere prima che si proceda?”
“Vi prego il rogo no! Pietà di me, sgozzatemi prima del rogo, così non soffrirò”
“Abbiamo organizzato tutto per vedere una strega bruciare viva, non per sgozzarla”
“Vi prego per voi non è nulla, ma per me è la differenza tra una morte dolce ed una obbrobriosa”
“In nome di Cristo condanniamo a morte tramite rogo questa strega!”
“Pietà Pietà”
“Che Dio abbia pietà della tua anima”
“Vi prego, vi prego, pietà, pietà!!!”
Letizia gridava pietà guardando i bambini, i Falieri, la folla, il boia, il giudice. Il boia le si fece dinanzi con una fiaccola e la inserì tra la legna. Era caduto il silenzio, la folla la fissava. Il fumo cominciò a salire lentamente, il calore lentamente aumentò, Letizia continuava ad urlare pietà cercando di fuggire, poi dopo un paio di minuti le fiamme cominciarono ad alzarsi. Letizia agitava i piedi cercando di alzarli, tutti i muscoli delle gambe erano tesi nel vano tentativo di alzare di pochi centimetri la pianta dei piedi le cui dita ora non toccavano più il patibolo ma si agitavano a mezz’aria. Ricordava la prima tortura che aveva sopportato e soprattutto ricordava il dolore, ora sapeva che avrebbe subito tutto quel dolore amplificato mille volte su tutto il corpo.
Erano passati una decina di minuti dal momento in cui accesero il fuoco quando le fiamme salirono, le prime scintille si alzavano e cominciarono a posarsi sulla pianta dei piedi e sulle caviglie.
“Pietà di me vi prego. Pietà. PieAAAAAAAAHGAAAAAAAAAAA”.
Le prime fiammelle le arrivarono ai piedi, urlava come una bestia al macello, le fiamme aumentavano e le circondarono i piedi sino alle caviglie; la pelle si arrossiva, poi si creavano bolle e quindi le bolle esplodevano per il calore e per le fiamme e nuova carne era esposta al martirio. In meno di un minuto i piedi ardevano, una orrenda smorfia di dolore le si stampò sul viso. Tutto il popolo la guardava, il dolore del supplizio era visibilissimo sul suo viso, le sue urla erano un qualcosa di disumano e diabolico, i bambini nelle prime file la guardavano attratti; il popolo con silenzio aspettava che morisse. Finalmente la strega, che avrebbe lanciato altri terribili malefici sull’intera città, che avrebbe distrutto i loro raccolti, ucciso i loro figli, portato le loro figlie sulla cattiva strada veniva punita per l’odio che aveva nutrito verso il genere umano. L’odore di sudore, che copioso scendeva sul suo viso e sul corpo, misto all’odore della carne bruciata e del fumo le sembrava strano, come se fosse l’odore della morte, mentre si spargeva lungo i fianchi della collina inebriando tutto il pubblico che la guardava attonita. Letizia si dimenava, si agitava, urlava, sbatteva la testa da un lato e dall’altro, le mani si agitavano frettolosamente ferendosi i polsi con le catene; tutti vedevano le fiamme salire veloci verso le ginocchia. In breve Letizia sentì sui piedi le unghie che si squagliavano per il calore, quel fluido scese nelle fiamme, la sua mente capì che ormai non c’era nulla da fare, ma una forza innata dentro di lei le comandava ancora di resistere, ancora di lottare per cercare di sopravvivere. Il fuoco si avvolgeva su se stesso e saliva richiamato dal vento tra le due gambe ancora intatte. Dopo pochi minuti le fiamme erano ormai alle cosce, il sudore scendeva copioso dal corpo ed evaporava al contatto con la fiamma. Continuava a gridare mentre sulle gambe la carne si ustionava e prendeva fuoco, in breve arrivò alla vagina, al deretano e alle mani. Letizia poteva solo oscillare la testa da un lato e dall’altro a causa delle catene al collo. Le prime fiammelle si posarono sulla peluria vaginale, bruciarono subito. Quando le fiamme incominciarono a bruciare i tessuti esterni alla vagina la folla gridò festante, la vagina di satana era punita, ora si che giustizia era fatta, Il Maligno non avrebbe potuto più fare sesso con Letizia quando questa sarebbe giunta nell’inferno. Le fiamme entravano nella fica e le bolle la ricoprivano e ne fuoriuscivano, altre bolle vennero a formarsi nei tessuti interni. Nel deretano le fiamme si arrotondavano e vi entravano veloci e saettanti. Le mani si agitavano con le fiamme che le circondavano, la si vedeva muoversi seguite dalle fiamme che da queste erano sprigionate. Il popolo era sempre più inebriato dal rogo, i bambini in prima fila guardavano il supplizio festosi e gioiosi. Il sudore ormai non scendeva più sul corpo ma a causa del calore evaporava subito appena uscito dai pori.
Erano 10 minuti che i piedi stavano ardendo quando POP, le ossa si spappolavano per il calore, Letizia continuava disperatamente ad urlare. POP; poi ancora POP. Perse l’appoggio sui piedi ormai ridotti in cenere, tutto il peso ormai gravava sulle mani e sul collo; cominciò a respirare a fatica a causa della catena che le stringeva il collo. Dopo circa mezzo minuto cominciò a gridare con meno vigore di prima, cominciò ad agitare la testa con meno vigore.
Intanto le fiamme erano arrivate ai seni che si ricopriva di bolle, le ferite dello straziamento in breve non si riconoscevano più sui suoi seni, le bolle e la carne maciullata in un attimo li sostituì. Letizia respirava affannosamente e le fiamme seguivano l’alzarsi e l’abbassarsi affannoso del suo petto, digrignò i denti. Le unghie delle mani si stavano anch’esse fondendo. Era ancora cosciente.
Il dolore era immane, indescrivibile, saliva dalle gambe, lo sentiva dentro le sue viscere nella zona sessuale e dentro la pancia, il dolore arrivava sino al petto; sopra sentiva il calore tremendo, quasi come se i supplizi fossero due, prima il calore insopportabile, più caldo dell’acqua bollente e poi le fiamme che la distruggevano.
Letizia voleva solo morire, non pensava ad altro che a porre fine a quella tortura, incominciava ad arrendersi alle fiamme che le stavano straziando tutto il suo giovane e dolce corpo di ventitreenne. Si, morire subito, perché non muore subito, porre fine a quella sofferenza immediatamente, già i piedi, le gambe erano distrutti e non appartenevano più a quel corpo, perché continuare tanto inutilmente uno strazio su un corpo già tanto straziato? Perché punire ancora di più chi quella ragazza che già ha subito un martirio orrendo con metà del suo corpo mangiato dalle fiamme mentre è ancora cosciente? Perché il boia, i giudice, i Falieri, il popolo, i bambini, non hanno un po’ di pietà, perché non spengono il fuoco, eppure l’acqua è tanto vicina? Perché, dopo averlo spento non la sgozzano? Perché anche senza spegnere le fiamme non la uccidono subito con delle frecce? Non faranno nulla di tutto questo, non provano alcuna pietà per una strega.
All’improvviso “AAAAAAARRHAA” i capelli presero fuoco con le prime fiammelle che si erano alzate dal suo petto; la sua testa si agitava sul rogo seguita dalle fiamme, provava a non urlare per evitare che le fiamme le entrassero in bocca ma queste entravano nelle narici richiamate dall’aria che respirava, nelle orecchio. Voleva solo morire, se ora le fiamme bussavano alla sua bocca perché non farle entrare, il dolore era immane ma almeno sarebbe durato poco, perché porre resistenza al dolore quando porre fine a questo è l’unica cosa che brami? Smise di urlare e cominciò affannosamente a respirare a bocca aperta, le fiamme vi entravano e in pochi momenti la lingua prese fuoco, le gengive si lacerarono e i denti se ne staccarono.
Letizia agitò un altro poco la testa e le mani; poi finalmente, dopo quasi 30 minuti da quando le prime fiamme accarezzarono i suoi piedi, la strega morì. Le fiamme continuarono per quasi un ora ad ardere le sue carni, poi si placarono, le ceneri vennero sparse al vento per non dare degna sepoltura alla strega in modo che la sua anima fosse dannata per l’eternità.
Questa è la storia di Letizia accusata di stregoneria.